Piccoli princìpi
La vita, come l'amore, è imprevedibile e quando meno te lo aspetti, ti sorprende.
Ieri stavo sfogliando vecchie foto di famiglia, dove io e Nina col naso in su, ammiravano papà mentre ci raccontava delle storie. Eravamo seduti tutti e tre su un muretto, in vacanza al mare, dopo la scuola. Indossavamo jeans e magliettine di cotone, spensierate e pervase da una splendida innocenza. Vi è mai capitato di sognare ad occhi aperti? Sfogliai quell'album, quella sera sul balcone, dove io ed Elena2 dopo aver mangiato quella stupenda lasagna, ci siamo messe a parlare di tutto mentre la luce della ranocchietta, pian piano diventava fioca e poi si è spenta; ma noi abbiamo continuato a parlare fino all'alba e quando è spuntato il sole, ci siamo guardate e siamo scoppiate a ridere.
Quando devi raccontare tutta la vita, una notte non può bastare. E si fantasticava sugli uomini, sul sogno d'incontrare il principe azzurro. Forse avremmo dovuto truccarci di più per incontrarlo...
Alcune donne amano indossare dei mascheroni di copertura per
gli inestetismi, tipo cerone teatrale, io al massimo un filo di fondotinta, cipria
sul viso, matita nera a disegnarmi il contorno occhi, rimmel, occhiali e via a
farmi vedere dal mondo e a rimanere sempre più stupita da ogni stranezza
possibile.
Il mio naso, tutto sommato è carino, anche se ha un bel solco in
prossimità della congiuntiva destra, provocato da una vera e propria testata ad
un cartello stradale che mi è sfuggito, mentre tentavo d’inseguire con tutto lo
sguardo possibile, il mio amico che alla velocità della luce, era sparito ad un incrocio per le strade di
Padova. Le batoste a quanto pare, mi perseguitano.
Sì, a Padova, dove solitamente sono tutti alti, un cartello
stradale ad altezza donna (1.68) ha dell’incredibile.
Le botte si sa, inducono stordimento, a volte sono persino
mortali ma mi salvai, proseguendo dopo quella tranvata che ha lasciato un brutto segno sul mio naso, che dico segno, un buco come quelli
stradali che se ci finisci dentro, rischi di fare una pessima figura.
"Perché ti trovavi lì?" Mi ha chiesto Elena2
Avevo ricevuto un invito, l’ennesimo, da parte di uno
spasimante/amico/conoscente, insomma il fratello di un’amica di famiglia,
rigorosamente single e simpatico.
Ho deciso il viaggio dopo una vacanza estiva con
imprevisto epilogo amaro e un anno difficile, poi lui mi aveva pregata di
raggiungerlo per farsi consolare da una delle sue solite delusioni amorose.
Giungere a Padova è stata una volata, col treno veloce, lo
dice la parola stessa.
Io curiosa come sempre, ho proposto di fare un tour per la città
prima di andare nella casa dell’amico che distava alcuni km dalla cittadina
veneta. Non lo avesse mai detto.
Il destino, si sa, è beffardo e dissemina lungo il cammino
un folletto capriccioso: l’imprevisto, l’incidente, quel fastidioso lenzuolo
sgualcito ad altezza costole, che t’impedisce di trovare la posizione giusta
per addormentarti. E la fase Rem va a farsi benedire.
Poi il solco non fu l’unico lenzuolo sgualcito in quel
viaggio, tanto per cambiare, l’uomo amico conoscente s’innamorò di me.
"Ma dai - ha esclamato Elena2 - ma è mai possibile che gli uomini non riescano a restare al loro posto?"
"Ti racconto - ho iniziato - mi aveva addirittura lasciato la sua camera da letto al primo piano con
il bagno spazioso che puliva per me ogni mattina.
La sera dopo i giri vari per le località venete, ci si
fermava in un ristorante e una sera, decisi di preparare la cena a casa,
pure per far risparmiare qualche soldo al mio amico così gentile ed ospitale.
Ma il tète e tète casalingo, non fu una splendida idea.
Sguardi languidi, battute e avances imperversarono in quella serata noiosa e
infinita che sfociò in un litigio.
Ha cominciato a chiamarmi mamma, dicendo che le mancava
l’affetto materno e cose del genere, ma ti rendi conto?”
Ed Elena2: “Ma mandalo a quel paese, insomma, digli che si
cercasse una fidanzata dalla parti sue” e io “Grazie Elena, sai sempre come
confortarmi, va bene, non importa, tanto pensavo che il giorno successivo a quella cena, sarebbe stato l’ultimo giorno e da una parte, non vedevo l’ora di levare le tende".
Ma alla stazione, il congedo fu a dir poco drammatico.
Innanzitutto lui volle offrirmi il biglietto del ritorno e poi cominciò a
lanciarmi sguardi disperati, misti di afflizione e pietà, quasi supplichevoli,
come a dire: “Ti prego, non lasciarmi solo, non andare via”.
In realtà il vero motivo per il quale io ero andata a
trovarlo, dopo un’infinità d’ inviti, era per consolarlo dopo una delusione
amorosa e non per sostituirmi alla sua ex. Insomma dopo il viaggio di ritorno ci scambiammo qualche messaggio, telefonata, litigio e poi lui mi cancellò
dalla sua vita per non soffrire, anche se a dir la verità, per colpa sua, mi porterò appresso per sempre quel terribile segno sul naso,
altro che delusione amorosa.
"Che storia incredibile" mi ha detto Elena2!
Io avrei preferito continuare a leggere il Piccolo Principe, altra storia assurda che ha
come protagonista un apparente gentil ragazzo, in crisi sentimentale, tanto per
cambiare, che ho conosciuto virtualmente.
Galeotto fu facebook nel custodire la nostra corrispondenza
virtuale. Lui moro, affettuoso, fidanzato e in crisi con una sua collega e
convivente che a un certo punto voleva quagliare e metter su famiglia e lui
irresponsabile e probabilmente disamorato, con la scusa di un intervento
chirurgico, aveva preso le distanze diciamo sentimentalmente dalla sua storia
d’amore, il cui vuoto colmava virtualmente attraverso i fiumi di parole
scambiate con me.
Ma io mi domando e dico: E’ mai possibile che per portarvi
all’altare dobbiamo trascinarvi con le catene del carcere, meglio ancora col
guinzaglio dei cani?
Non ho mai sentito visto con gli occhi a cuoricino ed una pacatezza
nella voce, un uomo mentre parla della sua voglia di sposarsi e tutti, escluso
nessuno, ammettono di averlo fatto per lei, per le rispettive famiglie che se
fosse stato per lui, non avrebbe mai detto quel fatidico e tossico sì
sull’altare.
Le donne mogli questo lo sanno, eppure continuano a lavare
loro i panni, a cucinare per i maritini e a tenerseli stretti, autostima zero,
altro che donne che amano troppo. Come si fa a definire amore un rapporto in
cui sai che il tuo uomo ti si è sposata in maniera coatta e tu devi
sopportare quello sguardo insofferente per tutti i giorni della tua vita,
un’indolenza ed apatia costante con picchi di esaltazione rari e davanti a una
partita di calcio oppure ad un bel culo di qualche attricetta.
Tutto ciò lo trovo patetico e non perché sono donna ma
perché all’amore io credo, sarò pazza oppure troppo normale ma penso che
l’amore può salvare la vita e darle un senso.
Torniamo al bel maschione moro che mi sono ritrovata un bel giorno a casa, spaparanzato sul divano, a farsi leggere il
Piccolo Principe, un libro che io adoro.
L’avevo convinto a leggere quella storia ma lui diceva di
non avere tempo, che lavorava sui mezzi a volte anche di notte e quindi non
trovava un minuto per dedicarsi alla letteratura, pur essendone curioso.
“Te lo leggerò io, così insieme lo commenteremo e vedrai, ti
piacerà”. La solita buona samaritana, avevo indotto il mio amico ad acculturarsi, io che non tollero l’ignoranza.
"Quando veniva a casa tua se lavorava e conviveva con un'altra?" Mi ha chiesto Elena2
Le letture avvenivano dopo i saluti e un caffè, ah lui
vendeva pure macchinette del caffè per arrotondare e a suo dire guadagnava un sacco di soldi,
buon per lui.
In penombra, su quel divano comodo, si stava seduti per ore
a leggere e parlare e ogni tanto ci scappava qualche
bacetto, perché lui ci provava sempre. Si sa, la carne è debole come dicono gli
uomini, un po’ come quelli che mi chiedono del dopo teatro, perché per gli
uomini ogni lasciata è persa, quindi il motto è 'provarci sempre e comunque in
ogni occasione', pure dentro le pagine di Exupery, l’aviatore francese autore del
Piccolo Principe appunto.
Rossana